venerdì 28 dicembre 2012

SUA MAESTA' LA PITTULA (regina delle feste)


Pittule semplici



Non è facile spiegare al di fuori del Salento cosa siano le pittule: definirle “frittelle” è riduttivo, se non addirittura offensivo. La pittula è una vera e propria opera d’arte! Assimilabile, per certi aspetti, alla Gioconda leonardesca, classica ed intramontabile,  ma, soprattutto, all’Elasticità boccioniana, tutta energia e movimento. Un’enorme energia si sprigiona, difatti, già in fase di preparazione,  dal braccio indefesso che impasta, sbatte e schiaffeggia (specialmente quando le pittule costituiscono il pranzo o la cena della famiglia e la mole delle dosi richiede un’erculea fatica), e continua a sprigionarsi per tutta la durata della lievitazione, per condurre la pasta a raddoppiare, se non a triplicare, il volume iniziale. Per non parlare della cottura, apice di dinamismo e vigore, con le pallottole di pasta lievitata che sfrigolano incessantemente e crescono e si gonfiano fin quasi a scoppiare.
 A Gallipoli non esiste festa degna di tal nome che non venga onorata da una scorpacciata di pittule gustate “caute caute”, ossia bollenti, appena raccolte dalla schiumarola. Perché è questo il modo giusto di consumarle:  “friscendu e mangiandu”, per la precisione, e non ne esistono altri. Si comincia a “mmassare” pittule il 15 di ottobre, per santa Teresa, e si continua fino all’anno nuovo: l’11 novembre per san Martino, il 30 per sant’Andrea, il 7 dicembre per la vigilia dell’Immacolata,  il 24 per la vigilia di Natale, il 31 per la fine dell’anno e il 5 gennaio per la vigilia dell’Epifania. 
Non importa che siano dolci o salate, farcite (con baccalà, seccia, minoscia, caulufiure) o semplici semplici (‘mbutulate nello zucchero semolato o ssuppate nel mosto cotto o nel miele): le pittule sapranno sempre stuzzicare l'appetito e l'allegria  dei commensali, specie se accompagnate dal mitico rosato del Salento! 



INGREDIENTI


1 kg di farina 00

25 grammi di lievito di birra


20 grammi circa di sale fino


acqua tiepida q.b.



In una terrina (molto capiente, mi raccomando!) mettete la farina assieme al lievito sciolto in un bicchiere di acqua tiepida; cominciate ad impastare con le mani, aggiungendo il sale e, gradatamente, altra acqua, fino a quando l’impasto non risulterà fluido, liscio ed elastico. Coprite la terrina con un canovaccio e poi con la classica “manta” (coperta di lana) e lasciate lievitare la pasta per almeno tre ore. Quando il volume iniziale vi sembrerà raddoppiato mettete a scaldare abbondante olio extravergine di oliva in una pentola larga e profonda. L’ideale sarebbe formare le pittule con le mani (bagnate), ma per farlo in modo corretto bisognerebbe avere la fortuna di osservare una volta una massaia salentina all’opera. Se abitate al di là della soglia messapica arrangiatevi con un cucchiaio :) Friggete le pittule nell’olio ben caldo (ma non fumante) fino a doratura e... facitubbe intra fore!!! 











                                                                                         Pittule con cavolfiore bollito




Pittule alla pizzaiola 
(cioè con un trito di cipolla, prezzemolo, pomodorini, olive nere, capperi sott'aceto)