venerdì 17 dicembre 2010

ASPETTANDO NATALE

C’è un paese in cui il Natale è più Natale che altrove. L’otto dicembre, per tacito accordo, spuntano in ogni casa l’albero e il presepe con l’immancabile “macu te la steddha”, lo stolto che guarda il cielo, e i quattro Re Magi: “lu Re Tromba, lu Re Carusu, lu Re Vecchiu e lu Re Moru”.  Mamme e nonne iniziano a preparare i dolci della tradizione: gli sguardi incantati dei piccini si tuffano insieme ai taralli nella candida glassa zuccherosa, nuotano coi “purceddhuzzi” nel luccicante mare di miele fuso, brillano nel riverbero dei confettini d’argento messi qua e là per decorare; e l’attesa, la lunghissima attesa, magica di colori e di profumi, diventa più festosa della festa stessa. Corti e strade, di notte, formicolano di suonatori; la Pastorale penetra nelle camere addormentate, culla nel talamo i sogni di chi riposa. Ma, più ancora, si accompagna alla nostalgia di chi non può dormire, ai lucciconi della madre che pensa al figlio lontano. A tratti la melodia sembra perdersi nel fischio del vento, nel mugghio del mare… A tratti si interrompe, il tempo di scaldare la gola intirizzita con un goccio di liquore offerto a quei donatori di emozioni da una mano ignota apparsa da una finestrella. Poi le note struggenti di chitarre, fisarmoniche e violini si riappropriano della notte e la conducono incontro all’alba.
Questi sono i ricordi che ho nel cuore: i ricordi dell'attesa... :-)







TARALLI E COZZE  'NNASPARATI (GLASSATI)


INGREDIENTI:


1 kg di farina

 250 grammi di zucchero

100 grammi di strutto oppure 200 di olio extravergine di oliva

4 uova intere

1 bustina di lievito vanigliato
 (nella ricetta originale 20 grammi di ammoniaca)

il succo filtrato di un paio di grosse arance e di alcuni 
mandarini e la loro buccia grattugiata

 vaniglia

1 cucchiaino colmo di chiodi di garofano macinati

1 cucchiaino di cannella

latte se occorre

marmellata di uva (mostarda) o cotognata per farcire


PER LA GLASSA:

un chilo di zucchero semolato

un bicchiere e mezzo di acqua fredda









Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, amalgamatevi lo zucchero, gli aromi e il lievito, quindi lo strutto; aggiungete le uova, poi il succo degli agrumi. Impastate bene il tutto aiutandovi, se occorre, con qualche cucchiaio di latte. Per le "cozze", stendete sottilmente la pasta e ritagliatevi dei cerchietti; mettete un po' di marmellata al centro di ognuno e ripiegate i dischetti a mo' di mezzaluna, saldando bene i bordi per non far fuoriuscire la marmellata durante la cottura. Per i taralli: formate dei cordoncini di pasta non troppo lunghi ed unitene le estremità.









Cuocete in forno già caldo, a 180 gradi, per circa un quarto d'ora - venti minuti: devono risultare leggermente dorati. Lasciateli raffreddare. Intanto preparate "lu 'nnaspuru", ovvero la glassa: mettete zucchero ed acqua in una pentola larga e bassa e fate cuocere a fiamma bassa fino a quando inizierà a "filare" (prendetene una goccia tra due dita per capire quando è il momento giusto; ci vorranno una decina di minuti). Non mescolate assolutamente!








Immergete i dolci, uno alla volta, nello sciroppo di zucchero, voltandoli più volte, con delicatezza, per evitare che si rompano. Disponeteli infine su una gratella o su un foglio di carta oleata e lasciateli lì fino a quando lo zucchero non si sarà asciugato ed indurito. 














SCAJOZZI 'NNASPARATI









INGREDIENTI:

 


1 kg di farina


500 grammi di mandorle tostate, tritate grossolanamente


400 grammi di zucchero


100 grammi di cacao amaro


il succo di una grossa arancia e di un paio di mandarini


un cucchiaio di buccia grattugiata di arancia


100 grammi di strutto


un cucchiaino di chiodi di garofano macinati


un cucchiaino di cannella in polvere


1 bustina di lievito vanigliato (o 20 grammi di ammoniaca)


2 uova intere



infuso d’orzo o caffè q.b. (zuccherati leggermente) 









Impastate bene tutti gli ingredienti. Prendete un pezzo di pasta per volta: formate un bastone lungo, spesso e piatto che taglierete a pezzi grossi.  Disponete i dolci in teglie di alluminio o sulla placca del forno, rivestite di carta forno. Ripetete l'operazione fino ad esaurimento dell'impasto.  







Cuocete gli "scajozzi" in forno preriscaldato a 180 gradi per una ventina di minuti e lasciateli raffreddare. Nel frattempo preparate la glassa (procedete come per i taralli, ricordandovi di aggiungere 100 grammi di cacao amaro allo zucchero). 













La ricetta, antichissima, prevede rigorosamente la "'nnasparatura" degli scajozzi; io, però, ogni volta che li preparo non resisto a tuffarne un po' nel cioccolato al latte fuso a bagnomaria. Diventano orgasmici!!!













Prossimamente pubblicherò altre ricette di dolci natalizi gallipolini: per oggi mi fermo qui, sperando di avervi ingolosito a sufficienza. Bacioni a tutti! :-)







martedì 7 dicembre 2010

FESTE, TRADIZIONI E PUCCE

Pur vivendo a Bergamo da oltre vent’anni, l’irriducibile anima gallipolina mi vieta di relegare nel dimenticatoio le pittoresche tradizioni del mio paese natale e della mia gente. Così oggi, vigilia della festività più importante dell’Avvento, il pensiero è corso giocoforza a quella “puccia” che tante volte, fin da bambina, ha compensato con la sua indicibile bontà il mio sforzo di osservare fino a mezzogiorno il digiuno devozionale imposto dalla tradizione. Infatti il 7 dicembre, a Gallipoli, è d’obbligo digiunare fino a sera, quando si possono consumare le pietanze tipiche delle festività natalizie: baccalà con le patate, rape bollite e “pittule”. Prima di cena si può mangiare, appunto, soltanto la puccia. Chi si intende un po’ di cucina salentina sa che, solitamente, tale curioso nome designa una pagnottella rotonda e soffice (da cui la tipica espressione “faccia te puccia” per indicare un viso paffutello) condita con un tipo particolare di olive in salamoia, piccole e nere, aggiunte direttamente all’impasto prima di passarlo in forno; un pane talmente gustoso da rendere ben accettabile il fastidio di ritrovarsi con i denti neri o il rischio di rompersene uno a causa di un nocciolo dispettoso.







Alla vigilia dell’Immacolata, però, unico giorno nell’arco dell’anno, la puccia perde le olive e diventa un bel panozzo da farcire rigorosamente con tonno, acciughe e capperi, come si conviene ad una città marinara, e divorare a pranzo come unico “spezzafame” concesso durante il digiuno. In realtà, trattandosi di pezzi del peso di 200-250 grammi ciascuno, senza contare la farcitura, altro che spuntino! Ma a Gallipoli, e in tutto il Meridione, prevale sempre, soprattutto a tavola, il detto: “Melium abundare quam deficere” :-)












Ricetta delle pucce dell'Immacolata (di Antonio Fumarola):

"Dovresti procurarti la "mamma" da un panificio e poi acqua, farina "0" e sale. Il lievito "madre" è un quinto del peso dell'impasto, il sale invece un 4 cucchiaini per chilo. Fai prima lievitare l'impasto, LENTAMENTE, un tre ore, poi reimpasti facendo le forme che devono lievitare una notte a temperatura ambiente. La mattina le incidi dai lati con un coltello affilato e metti in forno a 220-250 finchè fanno la crosta dorata. La quantità di acqua è in funzione della forza della farina. Mediamente ne va il 50%... "



Un gallipolino verace, il mitico Mba Pì Tricarico (lo so che questo nome a voi non dice niente, ma a Gallipoli è un’istituzione!) mi ha fatto conoscere una bellissima usanza di tanti anni fa collegata alla giornata del 7 dicembre e alla puccia: tutti i proprietari terrieri per quel giorno mettevano a disposizione delle giare piene d’olio d’oliva nel locale dove era ubicata la sede del Banco di Napoli e la povera gente si recava liberamente con una coppa e una puccia in questo posto, inzuppava la puccia nella giara, la spremeva nella coppa e portava l’olio a casa. L’operazione veniva ripetuta più volte senza che nessuno dei signori presenti muovesse un dito. Questo per dare modo alla gente di rifornirsi di olio e nel contempo fare un po’ di beneficenza.


Per completezza di informazione, vi comunico che esiste un ennesimo tipo di puccia, di più recente nascita e diffusione, che si può gustare in qualunque pizzeria della città e il cui aspetto ricorda vagamente il pane arabo. Il ragazzo dei calzoni, dietro mia stressante richiesta, mi ha insegnato a preparare in casa pure questa. Si impastano farina, lievito di birra (mezzo cubetto per mezzo chilo di farina 0), sale, un pizzico di zucchero, un goccino di olio extravergine di oliva  e acqua tiepida q.b., poi si divide l'impasto in pezzi rotondi e si lascia lievitare per un paio d'ore; a questo punto le "palline" di pasta si passano in frigorifero e si tengono là per tutta la notte. Il giorno dopo non resta che infornarle ed il gioco è fatto.   L’unico problema è che il forno casalingo non arriva ai 350 gradi richiesti dalla ricetta, per cui, a dire del maestro, le pucce “non si sono gonfiate abbastanza”. Ma vi garantisco che nessuno ha fatto in tempo a notare questa piccola imperfezione :-D











La foto delle pucce con le olive è stata reperita in Internet; le foto delle pucce dell'Immacolata le ho avute per gentile concessione del simpaticissimo Signor Natalinu e della carinissima Flavia Sabato; le ultime due foto, infine, sono di mia proprietà ed ogni tanto me le riguardo sospirando :-)


sabato 20 novembre 2010

CALZONE GALLIPOLINO




“Le stelle sono tante, milioni di milioni…” cantava De Gregori in una canzone di qualche annetto fa che le mie amiche coetanee certamente ricorderanno; ma, dico io, non scherzano nemmeno i calzoni: c’è quello napoletano, quello siciliano, quello pugliese… Insomma, ogni parte del Meridione ha il suo calzone ed ogni parte del Meridione ritiene (giustamente) che il suo sia IL CALZONE. Per me IL CALZONE è quello che acquistavo da ragazza nei bar del mio paese e mangiavo per strada, semplicemente avvolto in un tovagliolino di carta, affrontando con sprezzo del pericolo l’irruente incontro con il pomodoro fumante racchiuso nello scrigno di pasta dorata e sopportando eroicamente le puntuali (e dolorose) ustioni di labbra e lingua. Perché così è: il calzone va gustato bollente, “cotto e mangiato”, come dice la Parodi.  Non so quante volte, da quando vivo al Nord e per soddisfare le mie frequenti voglie (manco fossi perennemente incinta!) di cibi tipici salentini devo ricorrere al fai-da-te (no Alpitour), ho provato a riprodurre nella mia cucina il sapore speciale dei calzoni gallipolini, cercando di indovinare l’ingrediente segreto artefice della loro unicità! Le ho tentate davvero tutte, aggiungendo all’impasto una volta il latte, un’altra volta l’olio, un’altra volta ancora il vino… Rien à faire! Poi, qualche giorno fa, quando ormai non ci speravo più (come sempre accade) sono venuta casualmente in possesso della tanto agognata ricetta! Me l’ha fornita un ragazzo dagli occhi cerulei che da anni prepara pizze e calzoni in uno dei più rinomati bar della mia città natale  (che in realtà non sono dei semplici luoghi di ristoro come nel resto d’Italia dove si va per bere il caffè o il succo di frutta, bensì, tutto in uno: caffetteria-pasticceria-gelateria-rosticceria e chi più ne ha più ne metta). Ho così scoperto che non solo l’ingrediente segreto esiste, come avevo supposto, ma che gli ingredienti segreti sono addirittura due: l’uovo e lo strutto!!! Ragazze, io la ricetta ve la passo, ma se un giorno aveste l’occasione di fare un giro nella “città bella” ricordatevi di entrare nel primo bar che vi capiti a tiro e di chiedere il calzone fritto: ad ogni boccone mi benedirete! Un po’ meno quando arriverete al ripieno … :-D




INGREDIENTI PER UNA DECINA DI PEZZI

PER LA PASTA:


500 grammi di farina 0

15 grammi di lievito di birra

1 cucchiaio di zucchero

1 cucchiaio di strutto

1 uovo intero

sale 

acqua  


PER LA FARCITURA:


un barattolo di pelati

300 grammi di mozzarella

un pizzico di origano

un cucchiaio di olio extravergine di oliva

sale


PER FRIGGERE:


2 litri di olio di semi di girasole 









Mescolate alla farina lo zucchero,  un pizzicone di sale e lo strutto;  unite l'uovo, poi il lievito sciolto in mezzo bicchiere di acqua tiepida. Impastate il tutto aiutandovi con dell'altra acqua tiepida, aggiungendola poco per volta: dovete ottenere un impasto liscio ed elastico che dividerete in palline. Lasciate lievitare le palline per almeno tre ore, coperte da un tovagliolo.  Tagliate la mozzarella a dadini e mettetela a scolare per perdere il liquido in eccesso (deve risultare ben asciutta). Schiacciate i pelati con una forchetta e conditeli con sale, olio e origano. 







Appiattite le palline con il mattarello; disponete sul fondo di ogni dischetto un po' di mozzarella e su questa un cucchiaio di pomodoro condito. Chiudete i dischetti a mezzaluna, saldando bene i bordi (per favorire l'operazione spennellate leggermente i bordi con uovo sbattuto). Friggete i calzoni, pochi per volta, in una padella larga; scolateli su dei fogli di carta assorbente e gustateli subito.  









sabato 6 novembre 2010

CIAMBELLA POLENTONA AL VOLO




Chi ha un Vergine in famiglia avrà ben presente la pignoleria ed il perfezionismo maniacale tipici del mio segno e si stupirà sicuramente per questo post "buttato lì" (anzi qui)! Il fatto è che, pur avendo pochissimo tempo a disposizione, morivo dalla voglia di condividere con voi la gioia di un grande successo: la bontà, la scioglievolezza, il profumo di questa ciambella sono, vi assicuro, incomparabili!!! La ricetta l'ho trovata sul già citato Manuale di pasticceria di Giovanni Pina con un altro nome ("Amor polenta Bergamo"), ma, trattandosi di un dolce a base di farina di mais, mi è piaciuto ribattezzarlo "Ciambella polentona" :-) Provatela, sciure (significa "signore" ed è l'unica parola del dialetto bergamasco che sia riuscita ad imparare in questi ventitrè anni vissuti a Bergamo... Come dite? Non vi sembro portata per le lingue? E cosa ve lo fa pensare?)! :-D







INGREDIENTI:


250 grammi di burro

140 grammi di tuorlo d'uovo

75 grammi di uova

100 grammi di albume

10 grammi di miele d'acacia

140 grammi di zucchero semolato

140 grammi di zucchero a velo

125 grammi di farina 00 W 210-230

100 grammi di farina di mais finissima

100 grammi di fecola di patate

3 grammi di lievito per dolci

25 grammi di rum





Lasciate ammorbidire il burro fuori dal frigorifero, quindi montatelo a crema con lo zucchero a velo e il miele. A parte mescolate le uova intere e i tuorli, poi incorporateli, molto lentamente, al burro montato. Montate a neve ben ferma l'albume con lo zucchero ed unitelo al composto alternandolo al miscuglio di farine e lievito. Per ultimo aggiungete il rum. Versate il tutto in uno stampo grande per ciambelle adeguatamente imburrato e cuocete per 45 minuti in forno preriscaldato a 170 gradi.  






lunedì 1 novembre 2010

CHE ROTOLO SAREBBE SENZA NUTELLA?




Ieri sera io ed il mio “dolce tre quarti” (non posso definirlo “metà”, considerata la stazza…) stavamo seguendo in tivù un programma che ci piace da matti, sulla “7” : “Chef per un giorno”. Non so se lo conoscete: ad ogni puntata viene invitato nella cucina di un ristorante un personaggio famoso che si improvvisa cuoco, realizzando un intero menu da servire ai clienti del locale. Per chiudere in bellezza la cena, l’ospite di turno ha preparato un rotolo di Pan di Spagna farcito di crema al cioccolato che faceva venir voglia di entrare nello schermo per addentarlo… Il maritone, che definirò eufemisticamente “golosastro”, non poteva certo restare indifferente di fronte a tale spettacolo!  Infatti ha esclamato: “Immagina che buono questo rotolo ripieno di Nutella!”. Eh già, lui con la Nutella ha un rapporto d’amore viscerale fin dalla più tenera età:  tra i suoi più romantici ricordi d’infanzia c’è, non la  mamma o la maestra o l’amichetto del cuore, bensì il panino alla nutella che andava a comprare tutte le mattine nella botteguccia del paese prima di recarsi a scuola. “ Me lo fai domani?” mi ha sparato poi, a bruciapelo. Ora, se esiste un dolce dalla cui realizzazione mi sono sempre tenuta accuratamente alla larga, considerandolo altamente insidioso, questo è proprio il rotolo farcito; ma siccome, prima che potessi rispondere di no, lui aveva già aggiunto un: “Sei capace di farlo, vero?” che era andato dritto e spedito a solleticare la vanità della Lucy-pasticciera, mi è sfuggito un incastrante : “E che ci vuole?!”. Che ci è voluto??? Ve lo dico io: un’intera serata a consultare i miei mille e un libro di pasticceria, in cerca di una ricetta che mi ispirasse la fiducia necessaria per convincermi a cimentarmi nella temutissima impresa, ovvero mi offrisse la garanzia di riuscire bene al primo colpo e di non farmi assistere alla tragedia della rottura della pasta durante l’arrotolamento, poiché non potevo assolutamente perdere la faccia! Appena ho letto la ricetta del “Pan di Spagna arrotolato” di Gianni Pina ho pensato: è lei! Innanzitutto, perché c’era scritto: “La sua caratteristica peculiare è l’elevata elasticità, che permette di arrotolarlo su se stesso una volta farcito”, e poi perché, risultando il suddetto Pina “presidente dell’Accademia Maestri Pasticcieri Italiani”,  mi son detta: vuoi che uno così, insignito di tutto sto po’-po’ di titolo, non sia in grado di preparare un rotolo decente? Ho seguito alla lettera le sue indicazioni e… voilà! Ho ottenuto un rotolo talmente bello che per qualche secondo mi son sentita anch’io membro dell’Accademia Maestri Pasticcieri! Ovviamente ho lasciato al maritone il sublime piacere di ricoprire l’intera superficie del Pan di Spagna con il contenuto di due barattoloni di Nutella (da 400 grammi l’uno) e procedere al primo assaggio, prontamente supportato dal figliolo, ragazzone di un metro e ottantacinque per ottantacinque chili che, essendo ufficialmente “a dieta” (iniziata ieri sera, dopo aver cenato), ha divorato “soltanto” due fettone di rotolo :-D




INGREDIENTI:


275 grammi di zucchero

225 grammi di tuorlo d'uovo

25 grammi di miele d'acacia

375 grammi di albume

175 grammi di farina 00 W 210-230

150 grammi di fecola di patate

Nutella q.b.

zucchero a velo







Montate i tuorli con il miele e 200 grammi di zucchero. Montate anche gli albumi a neve non troppo compatta, assieme ai rimanenti 75 grammi di zucchero. Miscelate la farina con la fecola.






Versate delicatamente nella massa tuorli-zucchero-miele la massa albume-zucchero, alternandola alle farine. Stendete quindi la pasta su fogli di carta da forno e cuocete in forno statico preriscaldato a 230 gradi per cinque minuti (oppure a 205 gradi in forno ventilato). Togliete subito dalla teglia il Pan di Spagna per evitare che continui a cuocere; dopo qualche istante capovolgetelo e staccate il foglio di carta da forno. 







Quando il Pan di Spagna si sarà intiepidito, spalmatelo di Nutella e arrotolatelo delicatamente su se stesso. Completate spolverizzando la superficie del dolce di zucchero a velo.







N.B. Il Pina precisa che con queste dosi si ottengono "3 rettangoli di Pan di Spagna da arrotolare (quello che i francesi chiamano "bisquit rouleaux") che misurano 30 millimetri di base, 50 millimetri di altezza e 3 millimetri di spessore" (da: Dolci, Manuale pratico di pasticceria, Giunti editore)




 

sabato 23 ottobre 2010

CROSTATA DI CASTAGNE





Dopo lo sciccoso semifreddo ai pistacchi con crema allo zafferano presentatovi qualche tempo fa, un rustico dolce a base di castagne: e non finisce certo qui! Perché il libro "Dolci e dolcetti" da cui ho tratto queste due ricette (scovato diversi mesi or sono durante una delle mie frequenti razzie in libreria) si è rivelato una fonte inesauribile di idee golose e accattivanti. Visto che oggi è sabato e la dieta si inizia sempre di lunedì, via libera a ciccia e brufoli! Provate sto po'-po' di torta e "fate l'amore con il sapore" :-)


                               
INGREDIENTI:

pasta frolla
300 grammi di castagne lessate al dente
200 grammi di latte
100 grammi di cioccolato fondente
200 grammi di zucchero
100 grammi di panna fresca
100 grammi di sciroppo d'acero
1 uovo intero
50 grammi di burro
100 grammi di mandorle








Ponete le castagne in una casseruola, copritele con il latte e portatele a bollore. Abbassate la fiamma e fate andare a fuoco lento finché non avranno assorbito tutto il liquido, quindi passatele al passaverdura. Versate lo zucchero in un pentolino bagnato, unitevi una tazzina di acqua calda e qualche goccia di limone e fatelo caramellare (ci vorrà almeno mezz'ora); unite poi la panna al caramello e bollite per due minuti, finché il caramello non si sarà sciolto.   








Mescolate insieme la purea di castagne, il cioccolato fuso e la panna caramellata. Unite lo sciroppo d'acero, il burro, l'uovo e le mandorle, amalgamando con cura. Rivestite una tortiera imburrata ed infarinata con la pasta frolla spianata a uno spessore di tre millimetri e versatevi la farcia.  








Cuocete in forno preriscaldato a 180 gradi per 45 minuti. Lasciate compattare la torta prima di servirla. La prossima volta proverò ad usare, nel ripieno, delle castagne sciroppate al posto delle mandorle: voi fate come vi pare! :-)








venerdì 15 ottobre 2010

TORTA GLASSATA AL CAFFE' E NOCI



                                                LA RICETTA DELLA PORTA ACCANTO



Chi poteva avere un'idea così geniale e coinvolgente, se non lei? Lei, "accanita ricercatrice del particolare che fa la differenza" nonché "indubbiamente estroversa e fuori dagli schemi"... Lei, la mia vicina di casa ideale, sempre gentile, sempre sorridente, quella da cui vado (col pensiero) quando ho finito lo zucchero, quella con cui berrei volentieri il caffè a tutte le ore del giorno, e pure della notte, soprattutto se accompagnato da uno di quei deliziosi dolcini sfornati dalle sue manine tra un gorgheggio e l'altro! Insomma, fidatevi: Elisa è davvero speciale. Se ancora non avete avuto la fortuna di conoscerla, correte a bussare alla sua porta: vi accoglierà come solo la massaia canterina è capace di fare!  Però lo zucchero andate a comprarvelo al supermercato, perché se poi lo finisce, io a chi lo chiedo? :-D
Prima di precipitarvi in massa da lei, lasciate che vi offra una fettina di questa squisita torta che abbiamo realizzato (virtualmente) a quattro mani. Riporto la ricetta così come me l'ha scritta Elisa, per cui la "voce narrante" è la sua :-)







Ciao!

Benvenuta nella mia cucina e grazie per esserne diventata una sostenitrice! In effetti, avere la possibilità di scambiarci idee, consigli e pareri è impagabile!

Guarda… Stavo giusto iniziando a preparare una torta glassata al caffè e noci. Ti va di aiutarmi? Son sicura che ti piacerà, ma se vorrai apportare un tocco tuo…dimmi!





Ecco qui cosa ci serve:

3 uova

150 grammi di zucchero semolato

100 grammi di burro

un cucchiaino raso di cacao in polvere

2 tazzine di caffè molto forte

50 grammi di noci tritate finemente

20 grammi di mandorle in polvere

120 grammi di farina

mezzo cucchiaino di lievito per dolci

...e per la glassa:

100 grammi di zucchero a velo

caffè








La prima cosa che dobbiamo fare, per preparare la nostra torta a 4 mani, è preparare il caffè. La seconda è rompere le uova. Mentre aspettiamo che il caffè venga su e faccia canticchiare la moka, mettiamo gli albumi in una ciotola perchè andranno montati a neve. Ci pensi tu? Io intanto mi occupo dei tuorli. Li metto in un pentolino insieme allo zucchero semolato e mescolo bene con la frusta fino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungo il burro fuso, il cacao, due cucchiai di caffè, le noci e le mandorle.

Ops...c'è da accendere il forno a 160°.




 


Ora che gli albumi son già ben montati, ne aggiungo un cucchiaio al mio composto di tuorli. Mescolo bene e... mi dai una mano tu a setacciare la farina e il lievito mentre io mescolo?

Quando anche farina e lievito son stati incorporati, aggiungiamo tutti gli albumi a neve, mescolando sempre con delicatezza.

Versiamo in uno stampo imburrato e infarinato e inforniamo, a forno già caldo, per 45 minuti circa. Facciamo la prova dello stuzzicadenti per controllare la cottura.

Sforniamo il dolce e lo lasciamo raffreddare. Se s'è formato al centro un cono rientrante, tagliamo la calotta della torta per livellarne la superficie.







Prepariamo ora la glassa mescolando lo zucchero a velo con 2 cucchiai di caffè per ottenere un impasto cremoso, spesso e non liquido. Se è necessario aggiungiamo acqua o zucchero a velo per ottenere la giusta consistenza.
Versiamo la glassa sul dolce e livelliamola con una spatola umida e lasciamo riposare per 15 minuti.
Per fare decorazioni bi-color sulla superficie della torta, possiamo lasciare una parte della glassa di colore bianco, unendo allo zucchero a velo solo dell'acqua al posto del caffè.





Io non ho apportato nessuna modifica alla ricetta perché mi sembrava già perfetta. Se siete amanti del caffè dovete assolutamente provarla! Un bacio alla massaia canterina e un salutone affettuoso a tutte voi :-) 


sabato 9 ottobre 2010

PIRAMIDE DI VITELLO IN CREMA DI MARRONI CON CIME DI CAVOLFIORE GIALLO





INGREDIENTI PER 4-6 PERSONE:


1 Kg di polpa di vitello per stufati legata a cono

600-700 grammi di marroni

2 carote

1 cipolla

1 rametto di rosmarino

250 ml di vino bianco secco

olio extravergine di oliva

una noce di burro

mezzo litro di brodo di carne

1 cavolfiore giallo

sale

pepe









Per prima cosa sbucciate i marroni e privateli della pellicina marrone (questa verrà via più facilmente se avrete l'accortezza di tuffarli per qualche istante in acqua in ebollizione e passarli poi velocemente sotto il getto dell'acqua fredda). Scegliete i marroni più belli e teneteli da parte interi; tagliate invece a pezzi i rimanenti.








In una pentola alta munita di coperchio fate insaporire in olio e burro le carote tagliate a rondelle, la cipolla affettata e i pezzi di marroni; unite quindi la carne infarinata e lasciatela rosolare per qualche minuto. Salate, pepate e sfumate con il vino bianco.








Quando il vino sarà quasi completamente evaporato, coprite la carne con il brodo bollente, aggiungete il rametto di rosmarino, incoperchiate e lasciate cuocere per un'ora tenendo la fiamma al minimo. Ricordate di unire i marroni interi dopo circa mezz'ora.








Nel frattempo lessate il cavolfiore in abbondante acqua salata, scolatelo e dividetelo in cimette.








Trascorso il tempo di cottura indicato, togliete dal tegame la carne, i marroni interi, il rosmarino e qualche rondella di carota e frullate il fondo di cottura. Infine impiattate e portate in tavola con la crema di marroni in una salsiera.





Con questa ricetta partecipo alla raccolta di "Farina, lievito e fantasia".