Su consiglio dell' avvocato dell'Associazione Culturale "TraccePerLaMeta", ho provveduto ad eliminare i due post contenenti parti del romanzo: "L'amante virtuale", di proprietà della sottoscritta. Ricordo, a chiunque pensi di utilizzare in qualsiasi modo quei testi, anche solo come fonte di ispirazione per la stesura di proprie opere letterarie, che esiste il reato di plagio; tale azione darebbe, pertanto, immediatamente adito a denuncia.
sabato 25 agosto 2012
giovedì 16 agosto 2012
LA TURTA DEL DONIZET
Che Donizetti era bergamasco, è
la prima cosa che ho capito mettendo piede a Bergamo, venticinque anni or sono.
Come ho fatto? Chiamasi “lampo di genio”! Davanti ad un “Teatro Gaetano
Donizetti”, un monumento “A Gaetano Donizetti”, una “Via Gaetano Donizetti”,
un’infinità di ristoranti ed hotel Donizetti, una "Torta Donizetti" e perfino una “Casa Natale di Gaetano
Donizetti” mi son detta: “Mizzegaaa! Vuoi vedere che Donizetti…bergamasco fu?”
La conferma mi è arrivata in
seguito, leggendone la biografia; non tanto dal luogo di nascita in essa
riportato, bensì da quella “dolce fretta” che lo caratterizzava. Chi, se non un
bergamasco doc, emblema del lavoratore
instancabile, avrebbe potuto comporre un’opera grandiosa come “L’elisir
d’amore” in appena quattordici giorni ed un capolavoro quale “Lucia di
Lammermoor” in poco più di un mese? Pensate che è riuscito a produrre più di ottanta
opere morendo a soli cinquant’anni; non oso immaginare a che numeri sarebbe
arrivato se fosse stato un tipo longevo come Andreotti!
“Donizetti era sempre in attività – scrisse il tenore Duprez,
protagonista del “Don Sebastiano”, nei suoi “Souvenirs d’un chanteur”- : non riusciva a tenersi in tasca quattro
versi senza metterli subito in musica, stando in piedi, camminando, mangiando o
riposando”.
Questo bergamasco doc, quindi, vide
la luce in Berghem de hüra il 27
novembre 1797; ma dovette vederne ben poca, visto che nacque sottoterra! Non sto
mica scherzando! “La mia nascita fu più
segreta però poiché nacqui sotto terra in Borgo Canale. Scendevasi per una
scala di cantina ov’ombra di luce mai penetrò…
Pochi vani freddi e bui da dove gufo presi il mio volo, portando a me stesso or triste or felice presagio”.
Così scriveva a Simone Mayr il 15 luglio 1843.
Simone Mayr, bavarese
trapiantato a Bergamo, è considerato il maestro e l’amico più caro di Donizetti;
secondo me è, prima di ogni altra cosa, la prova lampante dell’esistenza degli
angeli. Nel 1802 aveva accettato la "modesta" offerta di diventare
maestro di cappella presso la Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo, dove
era stato studente in gioventù, e dirigeva una scuola musicale gratuita per
ragazzi non abbienti ma vocalmente dotati. La finalità essenziale della scuola
era quella di formare giovani coristi per la Cappella; il requisito della bella
voce, quindi, era fondamentale. Gaetano era sì poverissimo, ma possedeva una
voce “difettosa e rauca” che ai tempi nostri gli avrebbe spalancato le porte
del successo (Marco Carta docet), ma ai tempi suoi gli avrebbe impedito di
diventare uno dei maggiori musicisti della storia se non fosse intervenuto Mayr a cambiare le regole di ammissione. Così
quel piccolo genio poté studiare canto, pianoforte, teoria musicale ed
accedere, in seguito, al Conservatorio. Non sempre le “spintarelle” agevolano
gli incapaci! Donizetti dimostrò di meritare pienamente il successo, perché non
era certo facile contendere i Teatri di mezza Europa a due colossi musicali del
calibro di Rossini e Bellini (quest'ultimo, suo diretto rivale)! A proposito di
Bellini, concedetemi un piccolo pettegolezzo: pare che il catanese autore della
“Norma” non riuscisse proprio a
sopportare il povero Gaetano e non gli risparmiasse le critiche più feroci. A
mio avviso, lo faceva rosicare la prodigiosa fecondità del bergamasco che, al
confronto, lo faceva apparire il solito meridionale
fancazzista. Comunque Donizetti non se
ne preoccupò, tirando dritto per la sua strada. La sua produzione non conobbe
battute d’arresto. Il destino, con lui ingeneroso, gli strappò, in rapida
successione, tutti gli affetti più cari: prima i genitori, poi i figli ancora in
fasce, infine la bellissima moglie Virginia, stroncata dal colera a soli ventinove
anni. La sua eccezionale forza d’animo gli fece superare questa crisi spaventosa
(“Senza padre, senza madre, senza moglie
senza figli... per chi lavoro dunque ? ... Tutto, tutto ho perduto”) senza
mai smettere di lavorare. Laddove neanche il dolore più profondo era riuscito,
riuscì la sifilide: questa malattia all’epoca incurabile, che mieté tante
vittime illustri anche tra i musicisti, tra cui Beethoven, Schumann, Paganini, causò
a Donizetti gravi problemi mentali che fermarono per sempre il suo lavoro. Egli
fu rinchiuso nel manicomio di Ivry-sur-Seine, da cui uscì solo qualche mese prima
della morte, avvenuta l’8 aprile 1848.
Il giorno 11 Bergamo rese al figlio della sua terra esequie magnifiche,
a cui assistettero oltre quattromila persone, con un corteo di quattrocento
fiaccole, e i giovani della città portarono la bara al cimitero, “malgrado che
la già grande distanza dal cimitero sia stata molto aumentata in quanto gli
abitanti dei sobborghi vollero anch’essi dare un ultimo saluto al grande
Maestro, facendo passare il corteo per quelle vie che, come tu sai, vi sono
circa tre miglia di percorso” (dalla lettera di Giovannina Basoni pubblicata da
G. Zavadini).
In verità i bergamaschi non hanno mai smesso di onorare il loro testimonial nel mondo dedicandogli, nel tempo, tutto quel po' po' di roba che vi ho elencato ad inizio post e che ho fotografato appositamente per voi, barcamenandomi tra Città alta e Città bassa con tanto di macchina fotografica appesa al collo e sguardo turistico, in perfetto stile "giapponesiaFirenze" :-) Ma cominciamo con la Casa Natale di Donizetti, al numero 14 di Borgo Canale (non sapete quante multe ho rischiato di prendere per arrivarci in macchina):
In verità i bergamaschi non hanno mai smesso di onorare il loro testimonial nel mondo dedicandogli, nel tempo, tutto quel po' po' di roba che vi ho elencato ad inizio post e che ho fotografato appositamente per voi, barcamenandomi tra Città alta e Città bassa con tanto di macchina fotografica appesa al collo e sguardo turistico, in perfetto stile "giapponesiaFirenze" :-) Ma cominciamo con la Casa Natale di Donizetti, al numero 14 di Borgo Canale (non sapete quante multe ho rischiato di prendere per arrivarci in macchina):
Ora vi faccio vedere il Teatro a cui è stato dato il suo nome...
... ed il monumento, nelle immediate vicinanze, opera di Francesco Jerace, che rappresenta il musicista mentre ascolta, assorto, la dolce musica suonata con la cetra dalla musa Melopea:
C'è anche la foto coi piccioni irriverenti! :-D
Per concludere in bellezza, vi regalo ricetta e foto della "Torta Donizetti": un dolce ottocentesco, delicato, armonioso, buonissimo, che fa venire la voglia di tirare fuori dalla cassapanca di noce la tovaglia preziosa della bisnonna e i cucchiaini d'argento...
LA TURTA DEL DONIZET
INGREDIENTI:
120 grammi di fecola di patate
50 grammi di farina
135 grammi di zucchero
320 grammi di burro
8 tuorli d'uovo e 4 albumi
1 bacca di vaniglia
1 cucchiaio da the di maraschino
100 grammi di albicocche candite a cubetti
100 grammi di ananas candito a cubetti
Montate il burro assieme a 120 grammi di zucchero ed aggiungete un tuorlo per volta fino a che il tutto non sia bene amalgamato. Montate a neve i quattro albumi con i rimanenti 15 grammi di zucchero ed uniteli al composto precedentemente lavorato. Aggiungete gradatamente la farina e la fecola, poi i canditi, il maraschino e la vaniglia. Imburrate uno stampo a ciambella del diametro di 24 centimetri, versatevi il composto e ponete in forno pre-riscaldato a 180° per circa 40 minuti. Lasciate raffreddare la torta, cospargetela abbondantemente di zucchero a velo e servitela.
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