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domenica 8 dicembre 2013

TORTA DI MELE A QUATTRO MANI




La vigilia dell’Immacolata a casa mia si faceva l’albero di Natale. Un albero finto, perché la Natura si rispetta sempre, anche a Natale; ma bello e maestoso come un abete vero. I miei allora bambini si divertivano a caricarlo di palle in vetro e oro e lucine colorate intermittenti. Il tocco finale era tutto mio: mi piaceva infilare qua e là, tra i rami trasformati in asinelli da soma, i fiocchi scintillanti che, uno ad uno, avevo pazientemente ricavato da rotoli infiniti di nastro rosso e dorato.
Da quando ci sono “loro” (Piripicchio, Pallino, Angelica e Ambrosia) l’albero di Natale, la vigilia dell’Immacolata,  non lo faccio più, per evitare di ritrovarmi le due gatte abbarbicate alla cima a contendersi il puntale a suon di zampate e i due cani sotto, con la gamba sollevata a fare proprio quello che state immaginando. Ieri, al posto dell’albero, ho fatto una torta. Una torta che sapesse rendere speciale la colazione di questa giornata di festa. Mentre io mi occupavo dell’impasto,  profumandolo esageratamente di vaniglia e cannella (così mi piace!) mia figlia, come una provetta massaia avvezza a preparare dolci per la sua prole, sbucciava, affettava e spruzzava di limone le mele, che spiarla con la coda dell’occhio era un piacere.
Ci sono profumi e sapori che ci legano alle persone che amiamo in modo indissolubile. Tra me e mio padre resteranno per sempre gli odori caldi della “cupeta” e dello zucchero filato che mi comprava ogni anno alla fiera di Santa Cristina per vedere i miei occhi brillare. Tra me e mia figlia, probabilmente, resterà questa “torta a quattro mani”, ricordo di un pomeriggio trascorso a fare qualcosa insieme con amore ed essa stessa simbolo d’amore. Quell’amore tra genitori e figli che è una pietra miliare posta sui confini incerti della vita.  


TORTA DI MELE A QUATTRO MANI

INGREDIENTI


1 chilo e mezzo di mele golden

400 grammi di farina

250 grammi di zucchero

150 grammi di burro

5 uova

200 ml di latte intero fresco (o panna fresca)

una bustina di lievito per dolci

vaniglia e cannella a piacimento

un bicchierino di rum

succo di limone



Sbucciate le mele, tagliatele a fettine e spruzzatele con del succo di limone e con poco rum. 
Montate le uova intere con lo zucchero fino ad ottenere un composto bello spumoso; aggiungete il burro (liquefatto e freddo), il latte ed infine la farina, precedentemente miscelata con il lievito, la cannella e la vaniglia. Imburrate ed infarinate una teglia grande. Versate un po' del composto e ricopritelo con uno strato di mele. Completate con il composto rimasto e con il resto delle mele. Spolverizzate le fettine con dello zucchero semolato ed infornate per un'oretta a temperatura moderata (170-180 gradi). Per gustare la torta al meglio consumatela il giorno seguente: è morbida, umida e deliziosa!!! 







domenica 21 luglio 2013

TORTA MUFFIN ALLA FRUTTA




Credevo di aver avuto un lampo di genio quando ieri mi è venuta l’idea di cuocere l’impasto dei muffin (che da quando sono in vacanza preparo spesso per colazione) in un unico stampo, anziché suddividerlo nei consueti pirottini monoporzione. Purtroppo, facendo un controllino in Internet prima di pubblicarne la ricetta,  ho scoperto che la “torta muffin” esiste già: non alla frutta, come quella che ho fatto io, bensì al cioccolato. Che però d’estate, col caldo che fa, non è granché invogliante.  Vi garantisco che invece, nella versione con lo yogurt e la vostra frutta preferita a pezzettoni, fresca di frigorifero,  la torta muffin risulterà gradita anche nel deserto del Sahara e perfino a chi i dolci non li mangia!


P.s. Come state trascorrendo le vacanze? Io tra palestra, passeggiate, lunghe dormite rigeneranti ed esperimenti in cucina! 



INGREDIENTI


250 grammi di farina più una manciata per infarinare la frutta

200 grammi di zucchero

250 grammi di yogurt ai lamponi o ai frutti di bosco

2 uova intere

100 grammi di olio di semi di mais

250 grammi di lamponi freschi

3 pesche dolci e succose

1 bustina di lievito per dolci



Mescolate le uova con lo yogurt e l'olio ed unitevi la farina precedentemente miscelata con zucchero e lievito. A questo punto aggiungete la frutta: lavata, asciugata, tagliata a pezzetti ed infarinata (il passaggio nella farina è indispensabile per evitare che durante la cottura la frutta precipiti tutta sul fondo della teglia). Io i lamponi li ho lasciati interi. Infornate a 180 gradi per una quarantina di minuti (regolatevi in base al forno che avete). Lasciate raffreddare la torta prima di tagliarla a cubotti e spolverizzarla di zucchero a velo. Potete preparare questo dolce anche con altri tipi di frutta, combinandoli come più vi piace :-)

















domenica 5 maggio 2013

CUPCAKES AL PISTACCHIO





Definirle “preziose gemme culinarie dall’autorevole passato storico” (come ho letto in uno dei tanti siti visitati per conoscerle meglio) lo ritengo assolutamente esagerato: io trovo che queste tortine stelle e strisce così “à la page” siano in realtà dei dolcetti “sanza 'nfamia e sanza lodo” e tra una fetta di pastiera napoletana ed un cupcake, sia pure decorato nella maniera più accattivante possibile, non avrei il minimo dubbio. Sono la sola a pensarla così? Ditemi la vostra :-)
La prima volta che ho fatto i (o le?) cupcakes ho seguito la ricetta base,  aromatizzando l’impasto con una bacca di vaniglia; oggi, invece, ho voluto sperimentare una variante suggeritami da una bustina di farina di pistacchi che avevo acquistato tempo fa senza avere un’idea precisa su come utilizzarla. Ci ho impiegato più tempo a fotografarli che a prepararli! :-D






INGREDIENTI
(per una ventina di pezzi)



180 grammi di farina

80 grammi di farina di pistacchi

240 grammi di zucchero semolato

240 grammi di burro

4 uova intere

mezza bustina di lievito per dolci

500 grammi di Philadelphia

250 grammi di zucchero a velo

un paio di cucchiai di  topping al pistacchio


Lavorate a crema il burro ammorbidito con lo zucchero semolato; unite un uovo alla volta, non aggiungendo il successivo finché il precedente non risulti perfettamente assorbito, ed infine le due farine, già miscelate con il lievito. Riempite i pirottini sistemati in uno stampo per muffin ed infornate a 180° (forno preriscaldato) per una ventina di minuti.
Quando saranno freddi, armatevi di sac à poche e decorate i dolcetti con la crema ottenuta amalgamando il Philadelphia con lo zucchero a velo e il topping. 



















martedì 1 gennaio 2013

CHI FA DOLCI A CAPODANNO...




... fa dolci per tutto l'anno! E se la sottoscritta li fa, vuol dire che sta bene, che è serena, che ha tempo da dedicare alle sue passioni e, soprattutto, che è circondata dalle persone che ama (che ben si prestano a farle da assaggiatori). Ricapitolando: salute, serenità, tempo libero, amore: si può desiderare di più? Non so voi, ma io mi accontento! ;-) 


CIAMBELLA AL VINO ROSSO E CIOCCOLATO


INGREDIENTI


250 grammi di farina

250 grammi di burro

300 grammi di zucchero

5 uova

150 ml di ottimo vino rosso

150 grammi di cioccolato fondente amabile

un cucchiaino di cannella in polvere

qualche chiodo di garofano pestato

20 grammi di cacao amaro

una bustina di lievito per dolci



Lasciate ammorbidire il burro fuori dal frigorifero; tagliatelo a pezzetti e lavoratelo a crema con lo zucchero. Aggiungete i tuorli delle uova, uno per volta. Quando il tutto è ben amalgamato unite il vino rosso, il cacao, la cannella, i chiodi di garofano, la farina setacciata assieme al lievito ed infine il cioccolato, ridotto in scagliette. Completate con gli albumi montati a neve ferma, incorporandoli delicatamente con un movimento che deve andare dal basso verso l'alto. Versate l'impasto in uno stampo imburrato ed infarinato e passatelo in forno. Il dolce deve cuocere a 160° per circa un'ora (forno già caldo). Fate, comunque, la prova dello stuzzicadenti. Questa ciambella è sofficissima, profumata, originale e, naturalmente, buonissima! Ve la consiglio di cuore. Potete anche preparare delle miniciambelle, carinissime e a prova di sensi di colpa!
    

















Potete fare la torta classica anziché la ciambella: la bontà non cambia! Un consiglio? Servite il dolce con una generosa colata di cioccolato tiepido ed una tazza di vin brulé ! ;-)  






Felice anno nuovo a voi tutti!!!





N.B. Della torta al vino rosso e cioccolato esistono diverse versioni ed io le ho provate tutte (che sacrificio!) prima di scegliere la seguente:


Ho però apportato alcune modifiche alla ricetta: un uovo in più secondo me ci vuole, essendo l'impasto praticamente quello della torta quattro quarti, e le codette di cioccolato le trovo orribili, per cui le ho sostituite con del cioccolato fondente di qualità. Ho anche aumentato la quantità di zucchero perché il gusto dolce, a casa mia, si deve sentire bene :-)


lunedì 3 settembre 2012

CIAMBELLA DI PESCHE SETTEMBRINE







Ho sempre amato settembre. Non solo perché ci sono nata. Settembre ha un sapore speciale: di  languidezza, di amabile malinconia. Che gli altri mesi non hanno. E’ancora estate, ma sta finendo, e senti tutto lo struggimento delle cose belle che finiscono:  un’avventura, una storia d’amore, la vita stessa.
Con lo svanire della libertà di cui abbiamo goduto appieno nei giorni estivi,  la nostra esistenza torna a configurarsi in una dimensione più limitata, quella usuale, lasciandoci un po' d'amaro per aver perduto la condizione ideale.  Ma ci consola subito, lui: con il profumo dei frutti più dolci e sensuali, con i sorrisi dei bimbi che invadono le strade per andare a scuola, con gli spettacoli meravigliosi di tappeti di foglie infuocati e pioggerelline avvolgenti che ci fa intravedere dalla porta semiaperta sull’autunno. 
L’ho aspettato tanto, il mio settembre, e, finalmente, è qui.  


Con le ultime pesche dell'estate ho preparato un dolce che avevo notato tempo fa su questo blog e che mi ero ripromessa di provare. Ho apportato qualche piccola modifica alla ricetta di Assunta (la quale ha a sua volta modificato quella originale di Ernst Knam): ho aumentato il quantitativo di frutta, sostituito lo yogurt bianco con yogurt alle pesche e cotto l'impasto in uno stampo per ciambella anziché in quello da plum cake.  Prossimamente ho intenzione di provare questa, poi questa  e quest'altra ancora... Giusto per iniziare! Perché Assunta è di una bravura eccezionale e le sue ricette sono tutte da copiare! :-)



CIAMBELLA DI PESCHE SETTEMBRINE 


INGREDIENTI
                                  

150 g di burro morbido

250 g di zucchero semolato 

125 g di yogurt alle pesche

350 g di farina 00

3 uova

50 ml di latte

12 g di lievito per dolci

un chilo di pesche dolci e succose

2 cucchiai di rum

buccia grattugiata di un limone


In una ciotola montate il burro con lo zucchero e 25 g di yogurt. Sempre mescolando, unite a filo le uova leggermente battute. Incorporate 300 g di farina, precedentemente setacciata con il lievito, alternandola con il latte e lo yogurt rimanente. Profumate con il rum e la buccia di limone grattugiata. Sbucciate le pesche, tagliatele a pezzetti ed unitele in una ciotola a parte ai 50 g di farina rimanenti; quindi aggiungeteli all'impasto e mescolate bene con un cucchiaio di legno. Versate il composto in uno stampo imburrato ed infarinato e cuocete in forno preriscaldato a 170° per circa 40/45 minuti. 




















giovedì 16 agosto 2012

LA TURTA DEL DONIZET





Che Donizetti era bergamasco, è la prima cosa che ho capito mettendo piede a Bergamo, venticinque anni or sono. Come ho fatto? Chiamasi “lampo di genio”! Davanti ad un “Teatro Gaetano Donizetti”, un monumento “A Gaetano Donizetti”, una “Via Gaetano Donizetti”, un’infinità di ristoranti ed hotel Donizetti, una "Torta Donizetti"  e perfino una “Casa Natale di Gaetano Donizetti” mi son detta: “Mizzegaaa! Vuoi vedere che Donizetti…bergamasco fu?”
La conferma mi è arrivata in seguito, leggendone la biografia; non tanto dal luogo di nascita in essa riportato, bensì da quella “dolce fretta” che lo caratterizzava. Chi, se non un bergamasco doc,  emblema del lavoratore instancabile, avrebbe potuto comporre un’opera grandiosa come “L’elisir d’amore” in appena quattordici giorni ed un capolavoro quale “Lucia di Lammermoor” in poco più di un mese? Pensate che è riuscito a produrre più di ottanta opere morendo a soli cinquant’anni; non oso immaginare a che numeri sarebbe arrivato se fosse stato un tipo longevo come Andreotti!
Donizetti era sempre in attività – scrisse il tenore Duprez, protagonista del “Don Sebastiano”, nei suoi “Souvenirs d’un chanteur”- : non riusciva a tenersi in tasca quattro versi senza metterli subito in musica, stando in piedi, camminando, mangiando o riposando”.    
Questo bergamasco doc, quindi, vide la luce in Berghem de hüra  il 27 novembre 1797; ma dovette vederne ben poca, visto che nacque sottoterra! Non sto mica scherzando! “La mia nascita fu più segreta però poiché nacqui sotto terra in Borgo Canale. Scendevasi per una scala di cantina ov’ombra di luce mai penetrò…  Pochi vani freddi e bui da dove gufo presi il mio volo, portando a me stesso or triste or felice presagio”. Così scriveva a Simone Mayr il 15 luglio 1843.
Simone Mayr, bavarese trapiantato a Bergamo, è considerato il maestro e l’amico più caro di Donizetti; secondo me è, prima di ogni altra cosa, la prova lampante dell’esistenza degli angeli. Nel 1802 aveva accettato la "modesta" offerta di diventare maestro di cappella presso la Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo, dove era stato studente in gioventù, e dirigeva una scuola musicale gratuita per ragazzi non abbienti ma vocalmente dotati. La finalità essenziale della scuola era quella di formare giovani coristi per la Cappella; il requisito della bella voce, quindi, era fondamentale. Gaetano era sì poverissimo, ma possedeva una voce “difettosa e rauca” che ai tempi nostri gli avrebbe spalancato le porte del successo (Marco Carta docet), ma ai tempi suoi gli avrebbe impedito di diventare uno dei maggiori musicisti della storia se non fosse intervenuto  Mayr a cambiare le regole di ammissione. Così quel piccolo genio poté studiare canto, pianoforte, teoria musicale ed accedere, in seguito, al Conservatorio. Non sempre le “spintarelle” agevolano gli incapaci! Donizetti dimostrò di meritare pienamente il successo, perché non era certo facile contendere i Teatri di mezza Europa a due colossi musicali del calibro di Rossini e Bellini (quest'ultimo, suo diretto rivale)! A proposito di Bellini, concedetemi un piccolo pettegolezzo: pare che il catanese autore della “Norma” non riuscisse  proprio a sopportare il povero Gaetano e non gli risparmiasse le critiche più feroci. A mio avviso, lo faceva rosicare la prodigiosa fecondità del bergamasco che, al confronto, lo faceva apparire il solito  meridionale fancazzista. Comunque Donizetti  non se ne preoccupò, tirando dritto per la sua strada. La sua produzione non conobbe battute d’arresto. Il destino, con lui ingeneroso, gli strappò, in rapida successione, tutti gli affetti più cari: prima i genitori, poi i figli ancora in fasce, infine la bellissima moglie Virginia, stroncata dal colera a soli ventinove anni. La sua eccezionale forza d’animo gli fece superare questa crisi spaventosa (“Senza padre, senza madre, senza moglie senza figli... per chi lavoro dunque ? ... Tutto, tutto ho perduto”) senza mai smettere di lavorare. Laddove neanche il dolore più profondo era riuscito, riuscì la sifilide: questa malattia all’epoca incurabile, che mieté tante vittime illustri anche tra i musicisti, tra cui Beethoven, Schumann, Paganini, causò a Donizetti gravi problemi mentali che fermarono per sempre il suo lavoro. Egli fu rinchiuso nel  manicomio di   Ivry-sur-Seine, da cui uscì solo qualche mese prima della morte, avvenuta l’8 aprile 1848.
Il giorno 11 Bergamo rese al figlio della sua terra esequie magnifiche, a cui assistettero oltre quattromila persone, con un corteo di quattrocento fiaccole, e i giovani della città portarono la bara al cimitero, “malgrado che la già grande distanza dal cimitero sia stata molto aumentata in quanto gli abitanti dei sobborghi vollero anch’essi dare un ultimo saluto al grande Maestro, facendo passare il corteo per quelle vie che, come tu sai, vi sono circa tre miglia di percorso” (dalla lettera di Giovannina Basoni pubblicata da G. Zavadini).  
In verità i bergamaschi non hanno mai smesso di onorare il loro testimonial nel mondo dedicandogli, nel tempo, tutto quel po' po' di roba che vi ho elencato ad inizio post e che ho  fotografato appositamente per voi, barcamenandomi tra Città alta e Città bassa con tanto di macchina fotografica appesa al collo e sguardo turistico, in perfetto stile "giapponesiaFirenze" :-) Ma cominciamo con la Casa Natale di Donizetti, al numero 14 di Borgo Canale (non sapete quante multe ho rischiato di prendere per arrivarci in macchina):

















Ora vi faccio vedere il Teatro a cui è stato dato il suo nome... 











... ed il monumento, nelle immediate vicinanze, opera di Francesco Jerace, che rappresenta il musicista mentre ascolta, assorto, la dolce musica suonata con la cetra dalla musa Melopea:












C'è anche la foto coi piccioni irriverenti! :-D






Per concludere in bellezza, vi regalo ricetta e foto della "Torta Donizetti": un dolce ottocentesco, delicato, armonioso, buonissimo, che fa venire la voglia di tirare fuori dalla cassapanca di noce la tovaglia preziosa della bisnonna e i cucchiaini d'argento... 



LA TURTA DEL DONIZET 


INGREDIENTI:


120 grammi di fecola di patate 

50 grammi di farina

135 grammi di zucchero

320 grammi di burro

8 tuorli d'uovo e 4 albumi

1 bacca di vaniglia

1 cucchiaio da the di maraschino

100 grammi di albicocche candite a cubetti

100 grammi di ananas candito a cubetti



Montate il burro assieme a 120 grammi di zucchero ed aggiungete un tuorlo per volta fino a che il tutto non sia bene amalgamato. Montate a neve i quattro albumi con i rimanenti 15 grammi di zucchero ed uniteli al composto precedentemente lavorato. Aggiungete gradatamente la farina e la fecola, poi i canditi, il maraschino e la vaniglia. Imburrate uno stampo a ciambella del diametro di 24 centimetri, versatevi il composto e ponete in forno pre-riscaldato a 180° per circa 40 minuti. Lasciate raffreddare la torta, cospargetela abbondantemente di zucchero a  velo e servitela.


















  



domenica 13 maggio 2012

LA CROSTATA DELLA MAMMA




E’ trascorsa all’insegna della pigrizia quest’ennesima festa della mamma, complice un tempo buio e tempestoso come le notti dei più famosi incipit romanzeschi. Il mio crogiolarmi in pigiama (azzurro: il mio colore preferito!) e ciabatte tra divano-tivù-computer-cani-gatte è stato interrotto solo dalla preparazione di una crostata, che se la domenica un dolcetto ci vuole sempre, a maggior ragione è d’uopo se c’è qualcosa da festeggiare, no?
Auguri a voi, amiche, e auguri a me; auguri a tutte noi che abbiamo avuto la gioia di donare la vita e che quella vita abbiamo saputo coltivarla, giorno dopo giorno, inondandola instancabilmente di cure e di amore, senza nulla mai chiedere in cambio.
Tutto qui? Be’… sì. Ve l’ho detto, che oggi sono pigra! :-)      



INGREDIENTI


500 grammi di farina

250 grammi di zucchero a velo

200 grammi di burro

2 uova intere e 2 tuorli

mezza bustina di lievito per dolci

un pizzico di sale

vanillina

confettura extra di amarene

mandorle a scaglie

zucchero in granella 



Setacciate la farina assieme a zucchero, lievito, vanillina  e sale; incorporate velocemente il burro ammorbidito e tagliato a pezzetti al miscuglio, poi amalgamate il tutto con le uova e i tuorli. Lavorate il minimo indispensabile. Avvolgete la pasta in un foglio di carta da forno e mettetela in frigorifero per almeno un'ora. Riprendetela, stendetene i tre quarti in una teglia imburrata e infarinata, versateci sopra la confettura (io ho abbondato perché il ripieno mi piace ricco), quindi formate un disegno decorativo a forma di fiore o altro  con la pasta avanzata. Ungete la superficie del dolce con del bianco d'uovo e completate la decorazione con scaglie di mandorle e zucchero in granella. Cuocete in forno già caldo per circa 40 minuti alla temperatura di 180°.